Costrutti multiscala e multimateriale, il segreto della biofabbricazione 3D di Electrospider

Qual è stato il salto di qualità della biostampante 3D Electrospider di Bio3DPrinting? La possibilità di creare con un’unica biostampante scaffold per lo sviluppo di modelli più sofisticati e accurati di tessuti umani.
Articolo Costrutti multiscala

Aurora De Acutis spiega nel dettaglio genesi e prospettive della biostampante che combina sinergicamente tecnologie di biostampa tra cui microestrusione e elettrofilatura.

Per riprodurre tessuti nativi in vitro è necessario partire dagli scaffold, progettati per mimare l’ambiente della matrice extracellulare (ECM), il quale fornisce supporto fisico e chimico per le cellule. Questi scaffold forniscono una struttura tridimensionale che può essere popolata da cellule, consentendo loro di aderire, proliferare e differenziarsi in modo simile a quanto avviene nei tessuti umani nativi.

I tessuti umani sono molto complessi e sono composti da materiali differenti, per di più organizzati in maniera gerarchica, che si estende dalla scala nano alla micro, contribuendo alla funzionalità complessiva del tessuto. “Replicare tutti questi aspetti è di fondamentale importanza quando si mette a punto uno scaffold”, spiega Aurora De Acutis, “affinché sia il più funzionale possibile, le cellule una volta stampate insieme a tutti i biomateriali necessari, possano trovare un ambiente ospitale per loro, favorevole alla loro adesione e proliferazione”.

Come se le cellule, trovando una struttura analoga a quella in cui si trovano naturalmente a livello di materiali e topologia, possano comportarsi come in natura. Per questo gli scaffold devono essere costruiti con un approccio multiscala e multimateriale, cioè avere materiali diversi, organizzati in maniera gerarchica e quindi processati con risoluzioni differenti.

Un risultato nuovo, affidabile e ripetibile di biostampa 3D

Tenere a mente questo aspetto è stato uno dei trigger per la creazione di tessuti con la biostampante 3D Electrospider. “Prima infatti”, ricorda De Acutis, “si cominciava la fabbricazione dello scaffold con una biostampante in grado di processare un biomateriale con una certa risoluzione, poi si passava a un’altra per aggiungere parti in un altro biomateriale, oppure usare lo stesso materiale con un altro tipo di risoluzione. Certo non la via ottimale per ottenere un risultato affidabile e ripetibile, perché richiedeva un numero indefinito di passaggi da una tecnologia all’altra con la necessità di un intervento umano continuo e questo andava a discapito della qualità del prodotto ottenuto, soprattutto quando si parla di costrutti destinato al corpo umano”.
Allora, perché non immaginare una macchina che possa contemporaneamente lavorare diversi biomateriali, anche con risoluzioni differenti, così da abilitare una biofabbricazione multiscala e multimateriale utilizzando appunto una sola biostampante?

Così è nata Electrospider, la prima biostampante 3D a combinare varie tecnologie di biofabbricazione 3D, in particolare la micriostrusione pneumatica e l’elettrofilatura, che consentono di ottenere una biofabbricazione multiscala e multimateriale di scaffold sempre più conformi agli standard di qualità richiesti per il loro uso in medicina rigenerativa. Con la microestrusione pneumatica si possono depositare biomateriali, come idrogeli, con una risoluzione che arrivano fino dalla scala nano fino alla micro. Con l’elettrofilatura si può poi arrivare a depositare biomateriali all’interno dello scaffold in forma di nanofibre (parliamo di dimensioni mille volte più sottili di un capello, ndr.) e questo è un enorme vantaggio, perché offre alle cellule una superficie più ampia su cui aderire e poi proliferare a parità di volume. Si riesce in questo modo ad avvicinarsi in maniera incredibilmente realistica a quello che succede in natura. “Questo è il core del brevetto di Electrospider”, spiega De Acutis, da subito nel team che ha messo a punto questa biostampante e fondato Bio3DPrinting, che oggi fa parte di SolidWorld GROUP, il gruppo quotato alla Borsa Italiana. “La strategia chiave per questi risultati è la combinazione dell’elettrofilatura con tecnologie di biostampa convenzionali in modo totalmente automatico, in modo da ottenere una produzione ripetibile di costrutti che mimano quanto più possibile la matrice extracellulare dei tessuti nativi umani”.

Dalla teoria alle entesi

Una delle prime applicazioni di Electrospider sarà la stampa di scaffold per la rigenerazione delle entesi, i cosiddetti tessuti di interfaccia, nello specifico le inserzioni di tendini e legamenti nelle ossa. Solitamente, quando ci sono lesioni, gli approcci chirurgici non sono risolutivi al 100% e non si ottiene una ripresa fisiologica completa, perché non si riesce a ricreare perfettamente questa inserzione. Dal fallimento di tali approcci è arrivato lo spunto per pensare a qualcosa di nuovo che sostituisse completamente questa parte di notevole importanza. Racconta De Acutis: “Le entesi si prestano benissimo a essere biofabbricate con l’approccio multiscala e multimateriale: sono altamente anisotropiche a a livello di elasticità, composte da quattro zone differenti: tendine, legamento, fibrocartilagine mineralizzata e non mineralizzata per poi arrivare all’osso. Presentano gradienti, proprietà meccaniche, composizione biochimica e organizzazione topologica differente a livello di matrice. Insomma, perfette per mettere alla prova Electrospider e il suo approccio multiscala e multimateriale. Nel nostro laboratorio è stato quindi biofabbricato uno scaffold per entesi che auspichiamo possa essere utilizzato per ingegnerizzare quella parte. Sono state utilizzate microestrusione pneumatica non di hydrogel, bensì di polimeri termoplastici che hanno proprietà meccaniche che l’hydrogel non riesce a conferire per l’applicazione, ed elettrofilatura”.

Un futuro molto vicino

Quando si uscirà dalla sperimentazione? “Siamo a livello di ricerca, senza ancora una traslazione clinica dei costrutti. Tuttavia, è stato raggiunto l’importante traguardo di biofabbricare queste strutture e testare come le cellule staminali interagiscano con esse. Si tratta di un passaggio molto importante perché questo costrutto ha una parte realizzata mediante microestrusione, un parte realizzata mediante elettrofilatura e una parte realizzata con un mix delle due. (questo consente a ogni parte di dare uno stimolo biochimico e meccanico diverso, ndr.): abbiamo visto che le cellule vanno a aderire correttamente nei diversi punti dello scaffold e si comportano diversamente a seconda della parte di costrutto che vanno a colonizzare. Sicuramente l’obiettivo futuro è quello di realizzare tutte queste strutture in modo paziente-specifico. Quando anche il terreno legale sarà pronto si apriranno nuovi scenari nel campo della medicina rigenerativa finora inimmaginabili”.

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